Grazie, Gabbro!
Cercavamo un concerto, abbiamo trovato una comunità
Ogni concerto è diverso dall’altro.
Sarà perché spesso improvvisiamo, sarà perché siamo nati in una piazza, sarà perché fondamentalmente siamo dei gran timidoni: fatto sta che per la strada diamo il meglio di noi.
Ci eravamo disegnati un palco con il tappeto, ma siamo resistiti più o meno trenta secondi: la voglia di calarci con voi nel centro della piazza è stata troppo forte.
Allo schema di concerto abituale, dove il pubblico sta zitto e seduto, preferiamo la calca di ballerini improvvisati, il fragore del pubblico, i guizzi dei bambini che si mettono a correre e a saltellare immuni da quel pudore che da adulti li farà ballare solo se si sentono abili a farlo.
Per questi e altri motivi l’altra sera a Gabbro ci siamo divertiti come non mai, e – cosa ancora più importante – ci siamo sentiti parte di una comunità, se pure per un solo giorno. Per questi e altri motivi vogliamo ringraziarvi tutti, dagli anziani che hanno riso alla versione sicula dell’Uccellin della comare ai bambini che con efficienza teutonica hanno richiamato i propri genitori al ballo rompendo in un secondo tutti quei muri che noi adulti erigiamo senza volerlo, per poi unirci e salutarci in quel rito così pagano e ancestrale, così sacro e profano: il ballo attorno al fuoco di San Giovanni.
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